Ritornare al cuore.




Ricordare è semplice, è fisiologico.
È un'azione quasi passiva, che si subisce anche inconsciamente: talvolta si ricorda ciò che non si vuole, quando non si vuole.
Non serve essere particolarmente colti o intelligenti o studiati.
A ricordare son buoni tutti, senza sforzi, senza impegno.
Persino i metalli sanno ricordare.
Quindi ci riesco io come può riuscirci la marmitta della mia auto, per dire.

Non dimenticare, invece, è tutta un'altra storia.
È presa di coscienza, è volontà di tenere viva la memoria. 
È una missione, è un impegno, è un dovere.
È ricordare, ma nella sue etimologia originaria: ritornare al cuore. 
Perché gli antichi, che erano meno stronzi di noi, mettevano ogni cosa al posto giusto: la sede della memoria era il cuore, non il cervello. 
Forse perché sapevano che il cervello può essere plagiato, annebbiato, rincoglionito da chi vuole trarne vantaggio. 
E infatti si fa il lavaggio del cervello, mica del cuore.
[Ogni riferimento all'attualità è affatto casuale].

Non dimenticare significa, dunque, schierarsi, scegliere da che parte stare.


È un'azione attiva, faticosa, impegnativa.
Ma è ciò che ci permette di distinguerci da una marmitta. Sempre per dire.
E visto che tanti cervelli sono ormai irrimediabilmente fottuti, facciamo nostra quell'etimologia e crediamoci, abbracciamola: ritorniamo al cuore. 
Rincuoriamoci.



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