Per questo mi chiamo Giovanni.
Era il 1992. Era il 23 maggio e io avevo dieci anni. Non ricordo esattamente cosa stessi facendo ma ricordo distintamente le immagini che, all'improvviso, apparvero sullo schermo della tv. Edizione straordinaria del telegiornale: sapevo che non significava nulla di buono, lo avevo imparato poco tempo prima, quando facevo colazione con latte, nesquik e notizie sulla Guerra del Golfo. Ma quella sera le notizie non arrivavano da luoghi sconosciuti o lontani. Arrivavano dall'Italia, dalla Sicilia, da Palermo. E le immagini non erano di guerra, ma sembrava che lo fossero: macerie di quella che doveva essere un'autostrada - c'era il cartello verde- , auto accartocciate, uomini in divisa, persone dall'espressione smarrita. La voce sgomenta dei cronisti mi aprì le porte su un mondo di cui fino ad allora avevo logicamente ignorato l'esistenza. Attentato. Strage. Mafia. Agenti della scorta. Giudice Giovanni Falcone. Pochi anni dopo, duran...